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LA GIORNATA MONDIALE DELLA RIDUZIONE DEI DISASTRI

Oggi, 13 ottobre, è la giornata mondiale della riduzione dei disastri. Che succeda nell’anno 2021, l’anno in cui sta succedendo di tutto, in cui non ci stiamo più capendo nulla di chi fa cosa, di chi è chi, e in cui non riconosciamo più chi sia amico e chi no, la dice lunga. L’anno dei disastri, altro che la giornata mondiale. Definirei l’anno scorso come l’anno dei disastri sanitari, quest’anno come l’anno dei disastri sociali. In mezzo, una serie di disastretti vari giusto per tenerci in forma. Non so voi, ma io sto trascorrendo questa ultima parte d’anno un po’ sgomenta, chiedendomi dove sono finiti tutti. Vedremo.

Il termine “riduzione dei disastri” mi fa molto sorridere perché si tratta, più o meno, dell’attività umana per eccellenza. Che la stessa matrice del problema sia anche il suo risolutore, è quanto di più umoristico ci sia; che noi si continui a distruggere la qualsiasi a tempo di valzer, è insieme simpatico e terribile allo stesso tempo.

Mi piace il termine “riduzione”, e non “risoluzione” del disastro: quel che c’è, c’è, quel che si può fare è ridurre un po’ l’incendio. Che a volte, basta ridurlo solo un po’ per riuscire a capirne la reale entità. I contorni. Ecco, davanti ad un disastro- qualunque cosa sia per voi il disastro, sociale, personale, interpersonale- la strategia che meglio funziona per me è osservarlo nei suoi confini; poter comprenderne le dimensioni reali; apprezzarne la forma, gli angoli, la temperatura; soprattutto, osservare dove comincia e dove finisce, e ricordare tutto il resto, lo spazio vuoto che ancora esiste, oltre, più in là.

Per farlo, per osservare, è senz’altro necessario il famoso passo indietro- e guardare da fuori. E qui arriva la forza incredibile della narrazione: raccontare la propria storia, prendendo per un attimo le distanze. E’ incredibile come si possa comprendere solo dopo essersi allontanati- fare spazio, per guardare il piano generale. Diventare autori, per un attimo, della piece– del disastro- tirandosi fuori dalla storia. Raccontare sul confine.

Per questo, continuiamo a narrare, a metterci in scena, a rotolarci nei nostri strani racconti sempre uguali, sempre un pochino diversi. E’ il nostro modo per ridurre disastri, il teatro. Antropologicamente. Emotivamente. Umanamente. Per questo, continuiamo a narrare: se ti interessa l’argomento, ecco PERCHE’.

Permettetemi una citazione molto pop dal film “Shakespeare in love”– che è stato scritto da Tom Stoppard, quindi il mio animo radical chic rimane salvo:

La naturale condizione (del teatro) è una serie di ostacoli insormontabili sulla via dell’imminente disastro

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